domenica 3 maggio 2020

RIADATTARSI AI TEMPI DELL’EMERGENZA

Tratto dal mio articolo sul giornale locale "Fax"

Il tempo scorre, nonostante per qualcuno possa sembrare di essersi fermato; così ci si avvia alla tanto attesa “Fase 2” di questa emergenza. C’è chi ha vissuto e vive questo periodo come una “parentesi” di sospensione alla vita reale, come se questo periodo sia un’infinita attesa; a qualcun altro invece potrà sembrare che le giornate scorrono velocemente nonostante i cambiamenti della quotidianità.
Questa nuova fase che sta per iniziare, per qualcuno rappresenta il tempo di ricominciare, seppur in maniera diversa, la propria vita, le attività nuovamente concesse; per altri sarà il tempo ancora dell’attesa.
Ma cos’è poi questo tempo? Spesso si dice che scorre velocemente se si fanno delle cose piacevoli, divertenti; la realtà è che le lancette degli orologi scorrono allo stesso modo per tutti, quello che cambia è la percezione dello scorrere in ognuno di noi.Pian piano che si va avanti, può capitare di interrogarsi su “come sarà la nostra vita nei prossimi mesi?”, “quando torneremo alla normalità?”, ma soprattutto “riusciremo ad adattarci alla nuova normalità?”.
La parola «adattare» deriva dal lat. adaptare e significa adeguarsi (biologicamente o spiritualmente) a determinate condizioni dell’ambiente, della vita, della realtà, riducendo via via le proprie reazioni o resistenze a tali condizioni.
Ci sono studi che dimostrano che l’uomo ha bisogno di un minimo di circa 20 giorni per creare una nuova abitudine, adattandosi ad una situazione nuova. Anche in questo caso il tempo è soggettivo e dipende dalle caratteristiche personali, dalle risorse che ognuno possiede, ma se ci pensi sono passati quasi due mesi dal primo stop decretato, pensavi di poterti adattare alla quarantena, allo smartworking o in generale a vivere questa situazione? Spesso succede proprio così, quando si vive una situazione nuova, traumatica, le reazioni posso essere diverse, si può provare rabbia, tristezza, paura, sentirsi presi dallo sconforto, ma poi pian piano si passa in una fase di elaborazione, fino ad arrivare all’accettazione che permette di riorientarsi nella nuova quotidianità.
Ovviamente questo processo non è sempre semplice, a volte può portare degli strascichi anche a livello psicologico, ma riporto qui una frase di Primo Levi, scrittore deportato nel campo di concentramento di Auschwitz in quanto ebreo ai tempi del nazismo, riuscito a sopravvivere al Lager e scrivere uno splendido libro “Se questo è un uomo”:
«La facoltà umana di scavarsi una nicchia, di secernere un guscio, di erigersi intorno una tenue barriera di difesa, anche in circostanze apparentemente disperate, è stupefacente, e meriterebbe uno studio approfondito. Si tratta di un prezioso lavorio di adattamento, in parte passivo e inconscio, e in parte attivo [...]».
È importante mantenere nonostante tutto un pensiero positivo, potreste ad esempio prendere una scatola, un barattolo o quello che preferite, decorarla a vostro piacere e scrivere ogni mattina, quando iniziate la giornata un pensiero positivo, anche uno semplice come “oggi è un bel giorno perché c’è il sole…”, vi permetterà di affrontarla con uno spirito diverso.
Mi auguro e vi auguro che poi quando sarà finita questa emergenza ci ritroveremo in questo pensiero:
 “Pensate che il passato, solo perché è già stato, sia compiuto ed immutabile?
ah no! Il suo abito è fatto di taffettà cangiante, e ogni volta che ci voltiamo a guardarlo lo vediamo con colori diversi” Kundera M.

Forse è questo il vero spirito di adattamento.
Dott.ssa Laura Camastra

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