Il tempo scorre, nonostante
per qualcuno possa sembrare di essersi fermato; così ci si avvia alla tanto
attesa “Fase 2” di questa emergenza. C’è chi ha vissuto e vive questo periodo
come una “parentesi” di sospensione alla vita reale, come se questo periodo sia
un’infinita attesa; a qualcun altro invece potrà sembrare che le giornate
scorrono velocemente nonostante i cambiamenti della quotidianità.
Questa nuova fase che sta
per iniziare, per qualcuno rappresenta il tempo di ricominciare, seppur in
maniera diversa, la propria vita, le attività nuovamente concesse; per altri
sarà il tempo ancora dell’attesa.
Ma cos’è poi questo tempo?
Spesso si dice che scorre velocemente se si fanno delle cose piacevoli,
divertenti; la realtà è che le lancette degli orologi scorrono allo stesso modo
per tutti, quello che cambia è la percezione dello scorrere in ognuno di noi.Pian
piano che si va avanti, può capitare di interrogarsi su “come sarà la nostra
vita nei prossimi mesi?”, “quando torneremo alla normalità?”, ma soprattutto “riusciremo ad adattarci alla nuova normalità?”.
La parola «adattare»
deriva dal lat. adaptare e significa adeguarsi (biologicamente o
spiritualmente) a determinate condizioni dell’ambiente, della vita, della
realtà, riducendo via via le proprie reazioni o resistenze a tali condizioni.
Ci sono studi che
dimostrano che l’uomo ha bisogno di un minimo di circa 20 giorni per creare una
nuova abitudine, adattandosi ad una situazione nuova. Anche in questo caso il
tempo è soggettivo e dipende dalle caratteristiche personali, dalle risorse che
ognuno possiede, ma se ci pensi sono passati quasi due mesi dal primo stop
decretato, pensavi di poterti adattare alla quarantena, allo smartworking o in
generale a vivere questa situazione? Spesso succede proprio così, quando si
vive una situazione nuova, traumatica, le reazioni posso essere diverse, si può
provare rabbia, tristezza, paura, sentirsi presi dallo sconforto, ma poi pian
piano si passa in una fase di elaborazione, fino ad arrivare all’accettazione
che permette di riorientarsi nella nuova quotidianità.
Ovviamente questo
processo non è sempre semplice, a volte può portare degli strascichi anche a
livello psicologico, ma riporto qui una frase di Primo Levi, scrittore deportato
nel campo di concentramento di Auschwitz in quanto ebreo ai
tempi del nazismo, riuscito a sopravvivere al Lager e scrivere uno splendido
libro “Se questo è un uomo”:
«La facoltà umana di scavarsi una nicchia, di
secernere un guscio, di erigersi intorno una tenue barriera di difesa, anche in
circostanze apparentemente disperate, è stupefacente, e meriterebbe uno studio
approfondito. Si tratta di un prezioso lavorio di adattamento, in parte passivo
e inconscio, e in parte attivo [...]».
È importante mantenere
nonostante tutto un pensiero positivo, potreste ad esempio prendere una
scatola, un barattolo o quello che preferite, decorarla a vostro piacere e
scrivere ogni mattina, quando iniziate la giornata un pensiero positivo, anche
uno semplice come “oggi è un bel giorno perché c’è il sole…”, vi permetterà di
affrontarla con uno spirito diverso.
Mi auguro e vi auguro che
poi quando sarà finita questa emergenza ci ritroveremo in questo pensiero:
“Pensate che il
passato, solo perché è già stato, sia compiuto ed immutabile?
ah no! Il suo abito è fatto di taffettà cangiante, e ogni volta che ci voltiamo a guardarlo lo vediamo con colori diversi” Kundera M.
ah no! Il suo abito è fatto di taffettà cangiante, e ogni volta che ci voltiamo a guardarlo lo vediamo con colori diversi” Kundera M.
Forse è questo il vero spirito di adattamento.
Dott.ssa Laura Camastra
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