mercoledì 6 dicembre 2017

L’INFLUENZA DEI GENITORI SUL VISSUTO DELL’ESPERIENZA SPORTIVA DEI RAGAZZI



Direct link: 


Diversi studi hanno evidenziato la stretta relazione tra sostegno dei genitori e motivazione nell’attività sportiva del ragazzo (Côté 1999). Il ruolo dei genitori varia con l’età del proprio figlio: si parte con un completo coinvolgimento nell’avvicinare il bambino all’attività sportiva, provvedendo alla gestione completa (economica, emotiva, organizzativa), per poi diventare supporto emotivo per i propri ragazzi.
I genitori, infatti, rappresentano dei modelli di comportamento e atteggiamenti verso lo sport; le modalità con le quali reagiscono a sconfitte e vittorie, incide sul vissuto del giovane sportivo, sia rispetto allo sport sia verso sè stesso. Frasi come “Hai vinto?”, o “ti sei divertito”, dicono molto rispetto all’atteggiamento verso lo sport e come questo incida significativamente sulla motivazione dell’atleta.
In una società orientata a “fare meglio degli altri”, è facile incontrare genitori che spingono al successo, al risultato di prestazione piuttosto che al vissuto di benessere e di successo inteso come crescita personale dei propri figli.
Una difficoltà per alcuni genitori è quella di distinguere le proprie motivazioni allo sport rispetto a quelle dei figli. Partendo dal presupposto che a tutti piace vincere, non bisogna dare per scontato che per il proprio figlio sia il motivo principale per praticare uno sport e soprattutto, porre importanza solo sulla vittoria, fa perdere di vista tanti aspetti fondamentali nello sport. Una spinta importante ad esempio è lo sviluppo psicofisico del bambino, l’aspetto di appartenenza ad un gruppo sociale, quindi la socializzazione, a prescindere dalla possibilità di diventare un campione. Va considerata anche la motivazione alla pratica sportiva varia anche in base all’età dello sportivo, quindi sarebbe importante chiedere al proprio figlio ad esempio “cosa ti piace della pallavolo?”, “Perché ti piace il ping-pong?” in modo da parlare con loro dell’esperienza sportiva che stanno vivendo. 
In uno studio di Quarisi e Zuliani (2014) su 600 atleti di 11-14 anni sui vissuti dei ragazzi rispetto agli atteggiamenti dei genitori nell’esperienza sportiva, emerge che atteggiamenti dei genitori come sbuffare, arrabbiarsi per una sconfitta, commentare le azioni sbagliate e dare consigli su queste, sono percepite in modo spiacevole dai figli. Al contrario atteggiamenti che mettono in luce che sport sia anche divertimento, fare il tifo per il proprio figlio senza sovrastare l’altro, essere tranquilli a prescindere dal risultato, sono vissute in modo piacevole.
Il ruolo del genitore è quello di supportare il proprio figlio a prescindere dal risultato (vittoria o sconfitta) e dargli la possibilità di sperimentarsi a prescindere dalla propria soddisfazione personale.
Vista l’importanza dell’influenza del genitore sul vissuto dell’esperienza sportiva dei ragazzi, una società sportiva non deve sottovalutare il loro coinvolgimento.

Dr.ssa Laura Camastra


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:
Bortoli L., Bertollo M.,  e Robazza C., (2005). Sostenere la motivazione nello sport giovanile: Il modello TARGET. Giornale Italiano di Psicologia dello Sport, 3, 69-72.

Claudio Mantovani (a cura di). Insegnare per allenare. Metodologia dell'insegnamento, (2017). Edizioni Scuola dello Sport.





sabato 2 dicembre 2017

Essere "online"..con sé stessi


LABORATORIO PER RAGAZZI DAI 10 AI 13 ANNI.

Conoscersi, presentare la propria emozione attraverso la musica.
Muoversi alla ricerca del proprio spazio, della propria energia.
Esprimersi e vivere le emozioni attraverso il gioco.
Rilassarsi alla ricerca del proprio posto tranquillo in cui ritrovare sè stessi...






mercoledì 29 novembre 2017

Esercizi di bioenergetica e tecniche di mindfulness




“Essere pieni di vita significa respirare profondamente, muoversi liberamente e sentire con intensità.” Alexander Lowen

La classe di esercizi di bioenergetica è uno spazio e un tempo in cui ti dedichi alla cura di te stesso, al fine di recuperare le energie e la vitalità, sciogliendo tensioni muscolari e aumentando il benessere psicofisico.

Prenota la tua prova gratuita!

L'incontro si svolgerà presso Passione Danza 

Si consiglia abbigliamento comodo.

INFO E PRENOTAZIONE 
tel. 3319508152


Per seguire l'evento clicca qui:

https://www.facebook.com/events/160477324560213/

ESSERE “ONLINE”….con se’ stessi

Laboratorio esperienziale per ragazzi dai 10 ai 13 anni



Nell’era del virtuale, è importante concedere ai ragazzi uno spazio protetto in cui potersi sperimentare in modo reale e autentico.

Attraverso la bioenergetica e le fantasie guidate, i ragazzi potranno avvicinarsi a sè stessi, alle proprie emozioni mediante il libero movimento, la musica, il gioco e il rilassamento.

Gli obiettivi nello specifico sono:
·        Esprimersi sviluppando una maggiore consapevolezza;
·        Vivere uno stato di benessere e rilassamento;
·        Recuperare le proprie energie;
·        Liberarsi da tensioni emotive e muscolari;
·        Stimolare la fantasia.

L’incontro sarà tenuto dalla Dott.ssa Laura Camastra, sabato 2 dicembre dalle 18 alle 19.30.

PER INFO E PRENOTAZIONE

Dott.ssa Giovanna Busto Cell. 3471234568.

CURIOSANDO SULLA BIOENERGETICA



Cos'è la Bioenergetica?
Partendo dal presupposto che mente e corpo sono strettamente ricollegate, con la teoria Bioenergetica di Lowen (1958), si afferma che l’uomo è il suo corpo e si studia la personalità attraverso esso, in termini di processi energetici. I processi energetici, cioè la produzione di energia attraverso la respirazione e il metabolismo e la scarica di energia del movimento, sono le funzioni basilari della vita.
Le situazioni della vita si affrontano in base all’energia che si ha a disposizione e dalla possibilità di tradurla liberamente nel movimento e nell’espressione.
La bioenergetica pone, infatti, importanza alla respirazione e al grounding.
Il grounding è l’esercizio di base, venuto fuori durante la psicoterapia dello stesso Lowen col suo maestro Reich, poiché sentiva la necessità di un lavoro più radicale sulle gambe.
Il radicamento, infatti, permette di sperimentare un contatto più profondo col suolo, concetto che riporta più profondamente ad essere più vicini alle proprie radici. Le radici sono, quindi, sia quelle corporee individuali nelle gambe e nei piedi, sia quelle psichiche che rimandano al proprio equilibrio interiore; affondare le radici a terra nel qui ed ora.


COS’E’ LA CLASSE DI ESERCIZI DI BIOENERGETICA
E’ un’esperienza di lavoro corporeo, in gruppo, in cui i partecipanti hanno la possibilità di sperimentarsi in uno spazio protetto, entrando in contatto col proprio corpo attraverso il movimento, il respiro, quindi l’ascolto di sé.
Non è psicoterapia, nessuno è tenuto a raccontare vissuti personali, ma può eventualmente condividere le sensazioni che emergeranno dal corpo, durante l’esperienza.
E’ quindi uno strumento che permette di lavorare sulla consapevolezza corporea, sul respiro e sulle tensioni muscolari, in un’ottica di benessere personale.

 Dott.ssa Laura Camastra 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Alexander Lowen, (dodicesima edizione 2014). Bioenergetica.

Alexander Lowen, (1984). Il piacere. Un approccio creativo alla vita. Casa editrice Astrolabio.

sabato 14 ottobre 2017

LA COMUNICAZIONE EFFICACE NELLO SPORT: linee guida per gli allenatori




“Non si può non comunicare” e nell’era dei social non è mai stato così evidente.
La parola “comunicare” significa letteralmente “rendere comune”, “partecipare”.
Le teorie emozionalistiche evidenziano gli aspetti emotivi e di relazione alla base della comunicazione: ogni comunicazione trasmette emozioni.
Per questo gli strumenti principali di lavoro per un coach sono: una comunicazione efficace, e la capacità di saper ascoltare, ossia comprendere l’altro anche nei suoi significati emozionali. In un contesto sportivo, in particolare per quanto riguarda la comunicazione tra allenatori e atleti, è fondamentale che il tecnico sia consapevole delle sue capacità di ascolto. Alcuni allenatori tendono a diventare impaziente quando ascoltano i loro atleti, altri si lasciano influenzare troppo dalle loro reazioni senza spesso coglierne la semplice esigenza di sfogo della tensione.
Per questo uno degli obiettivi di un allenatore è quello della registrazione emozionale degli atleti e dello staff.   Per farlo, deve: permettere agli atleti di esprimersi liberamente, porre dei limiti alla fase di ascolto (per evitare che non diventi un comodo alibi per non cambiare), restituire i contenuti emozionali (es. sei arrabbiato, stanco, deluso…), ridefinire le percezioni disfunzionali (es. Calciatore: “Non mi han passato la palla perché pensano che non sia bravo” allenatore: “Non ti han passato la palla perché non ti hanno visto, hanno sbagliato…”).
Per la comunicazione efficace le linee guida si possono riassumere in questo modo:
1.      ESSERE DIRETTI E CHIARI: esprimere il contenuto del messaggio in maniera affermativa, con frasi brevi e al presente (ad es. meglio dire “l’esercizio va fatto così…” invece di dire “l’esercizio non va fatto...”;
2.      ESSERE COMPLETI E SPECIFICI: fornire osservazioni, istruzioni, evitando di generalizzare (ad es. con frasi “fai sempre lo stesso errore”, ecc.);
3.      ESSERE FOCALIZZATI: dare poche informazioni essenziali, dando feedback immediati (ad es. appena si finisce un esercizio);
4.      ESSERE INCORAGGIANTI: i messaggi devono avere sempre l’obiettivo di sostenere e incrementare l’impegno dei giocatori (es. dando feedback positivi come “ben fatto!” oppure “ti sei impegnato molto, ecc.”);
5.      ESSERE COERENTI DAL PUNTO DI VISTA VERBALE E NON VERBALE: il linguaggio del corpo deve andare di pari passo con quello verbale (es. se voglio incoraggiare gli atleti, dovrò utilizzare un timbro alto della voce per trasmettere energia);
7.      ESPRIMERSI IN MODO APPROPRIATO AI LIVELLI DI CONOSCENZA E DI ESPERIENZA DELL’ATLETA/SQUADRA: adeguare il linguaggio al contesto (non esprimersi come uno scienziato, ma in modo semplice e adeguato).
8.      VERIFICARE CHE IL MESSAGGIO SIA STATO COMPRESO (ad es. chiedendo conferma agli atleti stessi rispetto alla comprensione del messaggio).


Dr.ssa Laura Camastra

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:
Claudio Mantovani (a cura di). Insegnare per allenare. Metodologia dell'insegnamento, (2017). Edizioni Scuola dello Sport.
Roman Jakobson, (1961). Linguistica e teoria della comunicazione.


sabato 9 settembre 2017

COME SCEGLIERE LO SPORT PER NOSTRO FIGLIO



Direct link:

Alla base delle attività sportive, c’è il gioco nelle sue più ampie sfaccettature; dagli aspetti più ludici, di abilità motorie, a quelli di relazione, per questo ha una grande importanza per la crescita e questo è riconosciuto sin dall’antichità.
Soprattutto nei primi approcci allo sport, il bambino dovrebbe sperimentarsi nel divertimento, che in genere è alla base della motivazione che lo spinge nel proseguire un’attività sportiva piuttosto che un’altra.
In una società sempre più improntata verso la tecnologia, quindi ai giochi virtuali, bisognerebbe non perdere di vista quelle che invece sono le potenzialità del gioco, dello sport praticato. 
L’attività motoria rappresenta infatti uno strumento didattico, educativo e formativo poiché permette di apprendere dal vissuto e di confrontarsi con i pari, quindi fondamentale è anche l’aspetto di relazione. Attraverso lo sport il bambino e il ragazzo hanno la possibilità di conoscere meglio se stessi nel suo funzionamento offrendo loro opportunità di registrazione emotiva, come ci insegna la teoria dell’arrangiamento. 
Nella scelta dello sport, sono tanti i fattori che possono influire, tra cui quelli più pratici (spostamenti, soldi, ecc.), ma sarebbe utile per il benessere dei nostri figli, cercare quello che lo fa stare meglio, da un punto divista sia fisico che emotivo, permettendogli di sviluppare il suo potenziale. Carl Rogers, psicologo statunitense, parlava di capacità innate di autorealizzazione e autoregolazione, quindi, ogni uomo avrebbe una spinta innata nell’utilizzare le proprie risorse orientandosi a realizzare sé se stessi.
In quest’ottica il genitore dovrebbe cercare di scegliere lo sport più adatto al proprio figlio, in base alla sua e a ciò che gli permetterebbe di sviluppare il suo potenziale.
La teoria dell’arrangiamento, infatti, si basa proprio sul principio che ognuno ha delle potenzialità e risorse che vanno “arrangiate” in modo da permettere di sintonizzarsi al meglio con la propria emotività, rispetto al contesto e alla situazione che si vive (R. Unterrichter, 2017). 
Lo sport, può essere considerato una buona “palestra di arrangiamento” perché permette al bambino di sperimentarsi in un contesto protetto. 
Per quanto riguarda poi l’utilità del praticare attività sportiva, nello specifico delle abilità motorie, rispetto ad alcuni sport comuni sono:
Atletica leggera: stimola la capacità di concentrazione e la forza
Ginnastica: migliora il controllo spaziale del corpo, l’agilità; è propedeutica per tutti gli sport, stimola la concentrazione e la creatività.
Arti marziali: aumentano agilità e destrezza, oltre che le capacità di controllo;
Basket: favorisce l’agilità, la prontezza di riflessi, la coordinazione oculo-manuale, oltre ad aumentare la resistenza;
Pallavolo: stimola le capacità di coordinazione, di orientamento, di reazione, oltre a permettere un maggiore confronto e relazione in quanto sport di squadra;
Calcio: Stimola le capacità aerobiche e di coordinazione, aumenta la concentrazione, migliora la precisione.



RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:
Claudio Mantovani (a cura di), Edizioni SDS, CONI (2016). Insegnare per allenare. Metodologia dell’insegnamento sportivo

Richard Eugen Unterrichter, Cleup (2017). Mi aggiorno o mi adatto. Vivere felici è un gioco basta conoscere le regole.

Dr.ssa Laura Camastra

giovedì 13 luglio 2017

SPORT E DIETA: IL GIUSTO EQUILIBRIO



La parola dieta rimanda spesso, nell’uso comune, ad un regime alimentare di restrizioni; in realtà la sua etimologia è da ricondursi al greco δίαιτα (diaita) che significa abitudine, modo di vivere.
In latino, inoltre, la parola diatea è l’insieme degli alimenti che gli individui assumono per nutrirsi.
Il significato stesso della parola rimanda, quindi, all’idea di continuità che bisognerebbe avere nelle abitudini alimentari.
Il metabolismo, invece, è il processo attraverso il quale si produce energia, mediante reazioni biochimiche di sintesi (anabolismo) e di degradazione (catabolismo), che si svolgono in ogni organismo vivente e che ne determinano l'accrescimento, il rinnovamento, il mantenimento.
Ogni individuo ha bisogno di un certo apporto energetico quotidiano per mantenere un buono stato di salute, il cosiddetto fabbisogno energetico necessario a compensare il dispendio energetico.
Per lo sportivo il benessere corporeo, essere e sentirsi in forma, è un aspetto fondamentale, ma bisogna prestare attenzione nel bilanciare l’alimentazione rispetto all’attività sportiva. La dieta di chi fa sport dovrebbe, infatti, essere ben organizzata e, considerando che si usano le fonti energetiche ingerite nelle sei ore precedenti l’allenamento, i due pasti fondamentali dovrebbero essere la colazione e la cena.
Per quanto riguarda il primo pasto della giornata sarebbe salutare mangiare yogurt, latte (meglio se di soia), pane integrale, marmellata, miele, cereali, ricotta, prosciutto, bresaola, frutta fresca e secca; per la cena invece solo carboidrati a basso indice glicemico cioè presenti nel pane, pasta integrale, nella frutta ecc. 
Per quanto riguarda l’alimentazione nello specifico dell’allenamento è utile assumere carboidrati a baso indice glicemico, che ci consentono di mantenere stabile la curva glicemica; durante, se l’attività supera l’ora bisogna introdurre una bevanda composta da acqua, sali e carboidrati; dopo è fondamentale il recupero che dovrà essere veloce con alimenti che riducono i tempi legati all’assorbimento intestinale dei cibi (es. yogurt o gel con aminoacidi) e lento che si fa con la sana e bilanciata alimentazione.
L’elemento più importante per il benessere è l’acqua, nonostante sia priva di calorie.
Essa compone per la maggior parte il corpo, è dunque indispensabile per le cellule, i muscoli e permette di detossificare l’organismo. La quantità di acqua di cui si ha bisogno dipende dall’età, temperatura e sport, nello specifico di quest’ultimo ad esempio, si avverte la fatica muscolare proprio quando è diminuita l’idratazione.  
Un ulteriore elemento che svolge una funzione plastica di rigenerazione dei tessuti muscolari è data dalle proteine. Sono largamente utilizzate nelle diete perchè aumentano la sensazione di sazietà, ma è da sfatare il mito che più proteine si mangiano e più aumenta la massa muscolare.
E’ importante quindi, essere ben informati su cosa sia realmente utile e salutare per il nostro organismo, imparare a conoscere il nostro corpo e ciò di cui ha realmente bisogno per poter affrontare al meglio le giornate, l’attività fisica, bilanciando alimentazione e sport.


Dott.ssa Laura Camastra

http://www.psicologibase.it/articoli-di-psicologia-dello-sport

lunedì 5 giugno 2017

EMOZIONI E CIBO: L’INTRECCIO CORPO-PSICHE



http://www.psicologibase.it/articoli-di-psicologia-dello-sport



Per un atleta riveste una notevole importanza l’aspetto fisico, essendo lo “strumento” per poter esprimere il proprio sé; ne deriva un’influenza sulla sua immagine corporea.
Ma cos’è l’immagine corporea?E’ una costruzione complessa che comprende la percezione del proprio corpo, come ci si sente con esso, come si pensa che l’altro ci percepisca. L’ideale corporeo, quindi come vorremmo essere fisicamente, in ambito sportivo, è strettamente correlato al tipo di sport di praticato; ad esempio un body builder certamente avrà un ideale corporeo completamente differente da una ballerina di danza classica.
La vita dello sportivo, spesso è  improntata sul corpo, poiché la forma fisica (ad esempio tonicità, magrezza) rende possibile il conseguimento di determinati obiettivi e  lo sviluppo di abilità tecniche. Ne consegue una maggiore attenzione al peso, all’alimentazione.
 Oltre al raggiungimento del risultato sportivo o di un certo tipo di prestazione, è importante anche come  appare, il suo aspetto esteriore, cioè, avere un peso e una forma ottimali. Infatti oltre a motivazioni tecniche, strettamente connesse ad un determinato tipo esercizio, anche per gli sportivi esistono, infatti, determinati modelli ed immagini ideali a cui riferirsi, questo può determinare comportamenti e abitudini alimentari disfunzionali.
In realtà è difficile mantenere una percezione costante della propria immagine corporea essendo essa associata alle emozioni che si provano in un determinato periodo o momento.
Alla base delle scelte alimentari ci sono, dunque, diversi i fattori: da quelli biologici, a quelli sociali e psicologici.
La propensione verso gli alimenti dolci, ad esempio, risulta essere una questione innata, come l’avversione verso i cibi amari (Steiner 1977). Le preferenze verso alcuni alimenti in particolare, viene fuori in un secondo momento, grazie all’esperienza.
Per quanto riguarda gli aspetti psicologici che influenzano l’alimentazione, l'effetto dello stress sul consumo alimentare dipende dall'individuo, dalla causa e dalle circostanze. In generale, quando le persone si sentono stressate, rispetto al solito alcune mangiano di più e altre di meno (Oliver & Wardle 1999).
Ippocrate è stato il primo a parlare di correlazione tra emozioni e cibo: gli alimenti che producono serotonina (“l’ormone del buon umore”), hanno un effetto positivo sull’umore e possono essere ad esempio carboidrati, mentre la carne rossa rallenta la sua produzione, anzi favorisce l’accumulo di acido urico nel sangue, sostanza che può stimola aggressività, ansia e nervosismo. Altri alimenti che favoriscono la vitalità sono i cereali, spezie ed erbe aromatiche. I legumi sono ricchi, come i latticini, di triptofano, un amminoacido che è alla base della produzione di serotonina, pesci grassi (sgombri, sarde e salmone), sono  ricchi di acidi grassi omega 3 e omega 6 che hanno un effetto antidepressivo e mantengono efficiente sistema nervoso e memoria.
E’ importante quindi conoscere il proprio corpo, imparare a sentire quelle che sono le necessità “energetiche”, integrandole con quelle più psicologiche, mentali. 

Non esistono parole più chiare del linguaggio del corpo, una volta che si è imparato a leggerlo. (Alexander Lowen, Il linguaggio del corpo, 1958)


Dott.ssa Laura Camastra

venerdì 28 aprile 2017

“ALLENARSI” AL RILASSAMENTO



Nella vita quotidiana si ha spesso la sensazione di non avere il tempo di fare tutto ciò che ci si era programmato. Suona strano sentire “concediti un po’ di tranquillità, senza far nulla”. Siamo sempre abituati a fare qualcosa.  
Ma è davvero così necessario correre?
La parola <<rilassare>> dal latino relaxare, significa allargare, allentare, lasciare, distendere, far diminuire la tensione fisica e psichica (rilasciare quando si riferisce alla tensione nervosa o muscolare).
Rilassarsi è fare qualcosa, significa riacquistare energia, concedersi del tempo e la possibilità di prevenire e/o risolvere problemi relativi tensioni muscolari, ansia, difficoltà del sonno o “semplicemente” pensare al proprio benessere.
Una tra le tecniche di rilassamento è il Training Autogeno, ideata dallo psichiatra J.H. Schultz.  Consiste in un allenamento (Training) che si genera autonomamente (Autogeno), un libero e naturale processo che non viene mai forzato, ma semplicemente assecondato e assistito.
Per beneficiare di uno stato di rilassamento abbiamo bisogno di allenare questa nostra abilità, che già fa parte delle capacità di ognuno di noi.
Questa tecnica si compone, infatti, di una serie di esercizi concatenati che verranno insegnati uno alla volta, con gradualità.
A cosa serve quindi?
  • Aiutare a vivere meglio lo stress della vita quotidiana e ad avere una visione più positiva dei problemi;
  • Prevenire la sintomatologia da stress (ansia, disturbi del sonno, ecc...)
  • Imparare ad essere più calmi e distesi e a scaricare meno le tensioni sui vari organi;
  • Migliorare la propria consapevolezza psico-corporea;
  • Rafforzare la sicurezza e fiducia in se stessi.


Come l’individuo che ha imparato a leggere sarà ormai “costretto” per tutta la vita a leggere ogni volta che vede dei caratteri scritti, allo stesso modo per chi pratica il training autogeno l’atteggiamento disteso e rilassato può diventare una seconda natura.

J.H. Schultz. 










RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Gisela Eberlein, (1987). Il libro del Training Autogeno. Feltrinelli Ed.
Luca Napoli, Beatrice Gori, (2012). Dare corpo all’anima. Un percorso di consapevolezza, benessere e crescita psico-corporea in Psicoterapia Umanistica e Bioenergetica. Dal Training Autogeno alle Fantasie Guidate.
L.Peresonn, (1980). “Psicoterapia Autogena”. Faenza Ed.


Schultz, (1968). Il training autogeno. Esercizi inferiori.

sabato 15 aprile 2017

LA SCONFITTA COME SPINTA A MIGLIORARSI



Nello sport un aspetto fondamentale è il conseguimento dell’obiettivo individuale e/o di squadra, il quale in genere coincide con la vittoria. In particolare, negli sport ad alto livello, l’allenatore e la società stabiliscono dei traguardi stagionali da raggiungere; quindi riuscire a far esprimere sempre al meglio l’atleta è per l’allenatore uno dei compiti primari.
In base a questi obiettivi prefissati o alle proprie caratteristiche personali, l’allenatore può favorire e accrescere nei propri atleti una motivazione sul compito piuttosto che sul risultato.
Ames (1992; Ames e Ames, 1981) parlava di “clima motivazionale percepito”, riferendosi alla percezione che il soggetto ha di un certo ambiente prestativo. Nell’ambiente sportivo l’orientamento assunto dall’allenatore (l’importanza che egli attribuisce alla competenza o alla prestazione), emerge già dal modo in cui organizza il lavoro, valuta la prestazione, attribuisce riconoscimenti influenzando, la percezione del clima motivazionale dell’atleta.
In un ambiente orientato sul compito l’attenzione è posta sullo sviluppo delle competenze, sul valore di ciascun atleta, sul suo impegno, sottolineando i suoi progressi. Al contrario, invece, in un ambiente orientato sull’io al centro dell’attenzione c’è la competizione, quindi l’allenatore rimprovera per gli errori, per una prestazione scadente, può capitare dia maggiori attenzioni agli atleti migliori, stimolando anche competizione nel gruppo.
Quest’ultimo clima può portare a vivere una sconfitta in modo più negativo di quanto sia.
Il fallimento è di per sé difficile da accettare e gestire, può essere demoralizzante, rappresentare un’esperienza dolorosa. Esso infatti può influenzare negativamente la percezione di sé, delle proprie abilità, può comportare un vissuto di ansia e paura in relazione alla prestazione. L’errore è ovviamente associato al fallimento della prestazione, quindi alla paura di commettere nuovamente quell’errore. Essendo un aspetto molto importante in un ambiente prestativo come quello sportivo, sarebbe utile imparare a gestire le emozioni che ne derivano.
Durante l’azione sportiva o il singolo gesto, si può commettere ad esempio un errore e per evitare che l’atleta rimanga “sequestrato” emotivamente, deve utilizzare delle strategie per poter spostare la sua attenzione sugli aspetti funzionali che ne derivano, come evitare di commetterlo nuovamente. Come si suol dire “sbagliando si impara” e se si resta focalizzati sull’errore, o ci si lascia “demolire” dal fallimento, è più probabile si possa sbagliare e fallire ancora.
Un aspetto utile potrebbe essere quello di valutare quali sono gli aspetti della situazione sportiva che sono sotto il controllo dell’atleta, quindi prepararsi nel poter gestire gli aspetti che possono essere controllati e lavorare invece, preparandosi sull’imprevedibilità del gioco stesso, in modo da non farsi prendere troppo dall’emozione che si vive in quel momento, ma anzi quell’emozione può essere un aspetto su cui lavorare successivamente per evitare di demoralizzarsi e perdere la motivazione.
Una possibile strategia per l’allenatore e, di conseguenza anche per l’atleta, potrebbe essere quella di stabilire degli obiettivi a breve termine, quindi dividere l’obiettivo stagionale, finale, in più parti in modo da renderlo raggiungibile e da evitare di creare situazioni che possano distorcere la percezione delle proprie abilità e demoralizzare l’atleta.

Dott.ssa Laura Camastra

lunedì 27 marzo 2017

GLI ADOLESCENTI E LO SPORT AD ALTI LIVELLI: OPPORTUNITA’ vs RISCHI

L’adolescenza ha da sempre destato notevole interesse nell’ambito della psicologia, essendo quella fase di transizione, di passaggio dallo stato infantile a quello adulto.
In questo periodo ricco di cambiamenti sia fisici che emotivi, un ambito di intervento per creare sane abitudini di vita, risulta l’attività sportiva.
Il numero di ragazzi e ragazze che praticano attività sportive extrascolastiche è molto elevato, quindi importante è il ruolo dell’educazione fisica scolastica e dell’associazionismo sportivo.
Oggi, infatti, desta preoccupazione il numero sempre maggiore di giovani che gareggiano in sport a livello nazionale ed internazionale. Il loro coinvolgimento in allenamenti sistematici e la specializzazione in uno sport in un età relativamente giovane, può influenzare lo sviluppo sociale e psicologico dell’individuo. In questo contesto, infatti,  rilevante importanza ottiene l’ambiente sportivo in cui il giovane atleta va ad inserirsi, quindi la società sportiva a cui appartiene.
Nonostante il riconoscimento dei benefici fisici e psichici che conseguono il coinvolgimento in un’attività sportiva, il numero di atleti adolescenti che si ritira dallo sport è in notevole aumento. In America, ad esempio, a fronte dei 35 milioni di bambini che partecipano ad attività sportive a  scuola o in società private, circa il 35% ogni anno si ritira da esse.
Il fenomeno del dropout (l’abbandono sportivo) è, per queste ragioni,  un’area di interesse nella psicologia dello sport.
Ci sono numerose evidenze a supporto dell’influenza che gli altri e dei patterns di allenamento esercitano sull’atleta, come riportato dal modello di sviluppo della partecipazione sportiva (Côté e all., 2003).
Il selezionamento e la diversificazione precoce sembrano favorire l’acquisizione delle abilità per un coinvolgimento che perduri in differenti attività sportive, per un divertimento prolungato e varie opportunità sociali (Côté & Hay, 2002; Kirk, 2005).
Al contrario sono state riscontrate numerose conseguenze negative associate alla specializzazione precoce, compresi infortuni, ansia da prestazione, pressione dell’allenatore e dei parenti, isolamento, restrizione dell’identità e burnout (Hecimovich, 2004; Wiersma, 2000).
Il ruolo dell’allenatore rappresenta l’area maggiormente esplorata nella ricerca sui giovani atleti, focalizzandosi in particolare sulla relaziona tra il comportamento del coach e la motivazione e il divertimento degli sportivi (Smoll e Smith, 2002). Ad esempio gli stessi autori hanno dimostrato come un allenatore formato per incrementare il livello tecnico, rafforzare e favorire comportamenti per far fronte agli errori, crei un clima di maggiore divertimento, di unione tra gli atleti, comportando,quindi, minore dropout rispetto ad allenatori inesperti.



BIBLIOGRAFIA

Hecimovich, M. (2004). Sport specialization in youth: A literature review. Journal of the American Chiropratic Association, 41(4), 32-41.

Smoll, F. L., & Smith, R. E. (2002). Coaching behavior research and intervention in youth sports. In F. L. Smoll, & R. E. Smith (Eds.), Children and youth sport: A biopsychological perspective (2nd ed., pp. 211-233). Dubuque, IW: Kendall-Hunt.

Jessica Fraser-Thomas, Jean Côté , Janice Deakin, (2008). Understanding dropout and prolonged engagement in adolescent competitive sport. Psychology of Sport and Exercise 9 (2008) 645–662.


sabato 25 marzo 2017

LA BIOENERGETICA E LO SPORT: UN APPROCCIO AL CORPO PER CHI “LAVORA” CON ESSO


Con la Teoria Bioenergetica di Lowen (1958), si cerca di capire la personalità umana anche attraverso lo studio del corpo. Essa è, infatti,  lo studio della personalità dal punto di vista dei processi energetici del corpo. La quantità di energia che un individuo impiega e il modo in cui lo fa, determina la sua personalità e si riflette in essa.
La bioenergetica si basa sul fatto che ogni persona  è il proprio corpo; da un punto di vista energetico tutto il corpo può essere inteso come un’unica cellula, la cui membrana è la pelle. I processi energetici, cioè la produzione di energia attraverso la respirazione e il metabolismo e la scarica di energia del movimento, sono le funzioni basilari della vita.
Le situazioni della vita si affrontano in base all’energia che si ha a disposizione e dalla possibilità di tradurla liberamente nel movimento e nell’espressione.
Partendo dagli insegnamenti del suo maestro Reich, lavorando su se stesso, Lowen formula le posizioni e gli esercizi di base che oggi si usano in bioenergetica. Sviluppa l’esercizio del grounding sentendo la necessità di un lavoro più radicale sulle gambe: il radicamento, infatti, permette di sperimentare un contatto più profondo col suolo, concetto che riporta più profondamente ad essere più vicini alle proprie radici. Le radici sono, quindi, sia quelle corporee individuali nelle gambe e nei piedi, sia quelle psichiche che rimandano al proprio equilibrio interiore; affondare le radici a terra nel qui ed ora.
Queste tecniche possono essere applicate in ambito sportivo, dovendo gli atleti “usare” il proprio corpo per sviluppare delle abilità e raggiungere degli obiettivi.
Salvi, Orsini e Carzedda (1985) hanno applicato l’analisi bioenergetica nello studio di emozioni come la paura nella pratica sportiva: la paura del fallimento, del giudizio, di sbagliare, in relazione alle esperienze psicosomatiche conseguenti.
Polani (1987) ha studiato la relazione tra l’immagine corporea e l’ansia nei tuffatori, riscontrando miglioramenti significativi utilizzando tecniche bioenergetiche.
Lo schema corporeo si riferisce all’immagine che abbiamo di noi stessi, del nostro corpo, nello spazio e nel tempo.
Nel processo di consapevolezza di noi stessi, bisognerebbe partire proprio dai piedi, la parte del corpo a cui non prestiamo sempre molta attenzione. In realtà è proprio da lì che parte il nostro equilibrio. Esso è un fenomeno dinamico che richiede la capacità di mantenere la posizione voluta e di ritrovarla anche quando è stata modificata, abilità fondamentale in tutte le attività motorie.
Partendo dal grounding, dal radicamento, si impara a sentire l’equilibrio, quanto le radici siano profonde, imparando a “starci”.
La bioenergetica può essere, quindi, un modo per approcciarsi, per conoscere il proprio corpo e lavorare su esso e imparare a utilizzare al massimo le energie che esso può trasmettere, sfruttandole al meglio per le abilità sportive, quindi per la prestazione.












RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Alexander Lowen, (1975), Bioenergetics, Coward, McCann & Geoghegan, New York. Traduzione in italiano di Lucia Cornalba e supervisione di Luigi De Marchi Feltrinelli, Milano 1983-2004.

Luca Napoli, Beatrice Gori, (2012). Dare corpo all’anima. Un percorso di consapevolezza, benessere e crescita psico-corporea in Psicoterapia Umanistica e Bioenergetica. Dal Training Autogeno alle Fantasie Guidate.

Il linguaggio del corpo, Feltrinelli, Milano 1978-1997,  traduzione di Paolo di Sarcina e Maura Pizzorno da Physical dynamics of character structure (The language of the body), MacMillan, New York 1958.

Davide Viola, (2014). Piedi come radici, mente come cielo. Manuale moderno di analisi bioenergetica.


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