lunedì 26 ottobre 2020

PSICOLOGO, PSICOTERAPEUTA E PSICHIATRA: A CHI RIVOLGERSI?

 


Scegliere un professionista a cui rivolgersi non è mai facile, quando si tratta del proprio benessere mentale, probabilmente lo è ancora meno, poiché sono tante le figure e c’è ancora poca conoscenza e chiarezza.

Nel linguaggio comune, infatti, i termini psicologo, psicoterapeuta e psichiatra sono spesso utilizzati come se fossero interscambiabili, confondendo in realtà le figure professionali. Per avere un’idea un po' più chiara è utile conoscere le differenze.

Dopo aver riflettuto nello scorso articolo sui pregiudizi sulla figura dello psicologo (segui questo link se vuoi approfondire https://energetica-mente.blogspot.com/2020/10/lo-psicologo-falsi-miti-e-pregiudizi.html), questa volta cercherò di distinguere le competenze di queste tre figure professionali.

LO PSICOLOGO

È un professionista della salute laureato in Psicologia, svolge un tirocinio formativo e si abilita all’esercizio della professione accedendo all’Albo Professionale

Si occupa principalmente di promozione del benessere, di analizzare la richiesta della persona e indirizzarla stabilendo insieme ad essa, il percorso più idoneo.

benefici di una consulenza psicologica, possono riguardare la prevenzione e il miglioramento del benessere psicologico e relazionale dell’individuo, della coppia, della famiglia e di un gruppo.

A volte la ragione per cui ci si rivolge allo psicologo è un momento di crisi personale legata a una situazione particolare, o ancora un momento particolarmente stressante sul lavoro o nelle relazioni sociali e così via.

In questi casi lo Psicologo può proporre un percorso di sostegno psicologico che ha l’obiettivo di sostenere la persona in quel momento, supportandolo nel riconoscere le proprie risorse personali e identificare le strategie più idonee per fronteggiare quella situazione.

In presenza di una sofferenza psicologica significativa, oppure in presenza di una sintomatologia (ad esempio attacchi di panico, ecc.) più o meno importante lo Psicologo, può valutare la necessità di un trattamento terapeutico che è però di competenza esclusiva dello Psicoterapeuta e rimandare, quindi, la persona ad un altro professionista.

LO PSICOTERAPEUTA

È uno psicologo che ha seguito una formazione specifica di quattro anni, spazializzandosi in psicoterapia. In altre parole, la psicoterapia, come indica la sua stessa etimologia, è l’intervento indicato per la cura e il trattamento della sofferenza della psiche, sia essa di natura mentale, emotiva o comportamentale.

Quello di “psicoterapeuta” è dunque un titolo legale aggiuntivo rispetto a quello di psicologo.

Con questo non significa che chi intraprende una psicoterapia debba necessariamente manifestare una patologia, ma che la visione del professionista può essere più ampia e che questa figura professionale racchiude le competenze anche dello psicologo.

In generale si può dire che con la psicoterapia si parla di cura e di cambiamento di modalità emotive, cognitive, relazionali e comportamentali che danno origine a una sofferenza più o meno intensa, che compromette in quel momento e nel tempo, la vita quotidiana.

Lo psichiatra

È un laureato in medicina e chirurgia con specializzazione in psichiatria, può prescrivere farmaci generici e/o psicofarmaci e richiedere e valutare esami clinici.

La psichiatria è la branca specialistica della medicina che si occupa dello studio, della prevenzione, della cura e della riabilitazione dei disturbi mentali e dei comportamenti patologici. Lo psichiatra può essere d’aiuto se si intraprende un percorso di psicoterapia, quando è necessario affiancare una terapia farmacologica.

Questo professionista, in quanto medico, può anche avere una formazione psicoterapeutica, in tal caso avrà il titolo aggiuntivo psichiatra e psicoterapeuta e potrà seguire la persona in un percorso psicoterapeutico e farmacologico.

 

 

Faccio un esempio per capire meglio: ho un attacco di panico a chi mi rivolgo?

Se si tratta di un singolo episodio ci si può rivolgere ad uno psicologo e sarà lui stesso a valutare, in base alla persona, al suo disagio e difficoltà, a consigliare un percorso psicoterapeutico con uno psicoterapeuta.

Ti faccio un esempio per capire meglio a livello pratico come si traduce ciò di cui ti ho parlato finora. Hai un attacco di panico. Da chi devi andare? Per un primo consulto puoi rivolgerti sia ad uno psicologo, sia ad uno psicoterapeuta, nel caso infatti in cui si stia parlando di un episodio isolato o di un primo episodio, quindi la situazione è ancora da definire. Nel caso in cui tu invece soffra di attacchi di panico ricorrenti, potrà seguirti esclusivamente uno psicoterapeuta.

 

Dott.ssa Laura Camastra

martedì 20 ottobre 2020

LO PSICOLOGO: FALSI MITI E PREGIUDIZI


Nella società attuale esistono ancora molti pregiudizi e falsi miti sulla figura dello psicologo. Spesso infatti si evita di chiedere aiuto ad un professionista perché si ha paura di essere considerati matti, di avere problemi gravi o di essere deboli.

Ma chi è lo psicologo? E cosa fa?

È un professionista che si occupa della salute e del benessere individuale e di gruppo in ambito clinico, aziendale, delle organizzazioni e delle comunità.

Ma quali sono i falsi miti, le idee sbagliate su questa professione 

1. DALLO PSICOLOGO VANNO I MATTI

Premesso che quello che viene erroneamente definito matto in gergo popolare, probabilmente nell’immaginario collettivo è una persona considerata “fuori di testa”, che detta in maniera semplicistica, probabilmente difficilmente si rende conto di esserlo e difficilmente chiede aiuto ad un professionista.

Dallo psicologo va chi vuole migliorare il proprio benessere mentale, quindi anche generale.

2.  MI BASTA PARLARE CON UN AMICO, UNA PERSONA CARA

Sicuramente parlare con una persona a te vicina può farti bene, ma un professionista ha delle competenze diverse, non lavora solo sull’ascolto, non dà consigli, ma supporta la persona nel riconoscere le sue risorse personali, attraverso quindi un processo attivo.

3. SARO’ IN TERAPIA PER ANNI

Premesso che gli interventi più lunghi sono in genere di competenza dello psicoterapeuta, un percorso di consulenza psicologica ad esempio potrebbe richiedere anche pochi incontri.

Il primo colloquio è quello di orientamento, attraverso il quale, si accoglie la richiesta della persona e, in genere, nei primi incontri si definisce insieme il percorso più idoneo. Spesso la durata non può essere definita a priori, sono diverse le variabili, ma al centro c’è sempre la persona con i suoi bisogni e necessità.

4. È SOLO UN MOMENTO PASSEGGERO, TUTTO TORNA A POSTO DA SOLO

Sicuramente un cambiamento, un momento di stress o difficoltà, una situazione nuova richiede un periodo di normale riadattamento, ma non sempre si hanno le risorse per rispondere ad alcune situazioni da soli. Chiedere aiuto in questo caso, potrebbe agevolare e facilitare questo adattamento e creare una maggiore consapevolezza delle proprie stesse risorse.

5. CHIEDE AIUTO CHI È DEBOLE

Tutti hanno punti di forza e punti di debolezza, rivolgersi allo psicologo aiuta ad avere maggiore consapevolezza di entrambi e di rafforzare i punti di forza.

Chiedere aiuto è segno di coraggio e di rispetto verso sé stessi, è un passo che si fa incontro a sé stesso e al proprio benessere e serenità.

6. LA SPESA NON VALE IL RISULTATO

Spesso, quotidianamente, si hanno molte spese futili, mentre in questo caso è un vero investimento verso il proprio benessere e in un processo di consapevolezza che dà l’opportunità di vedere se stessi e le situazioni in un’ottica diversa.

7. MI BASTA UNA PILLOLA E PASSA TUTTO

In alcuni casi il farmaco può essere necessario e d’aiuto al percorso psicologico, ma lo psicologo, in quanto non medico, non prescrive farmaci, può in caso rimandare ad un medico competente (psichiatra, neurologo).

Assumere psicofarmaci non è sempre la soluzione più adeguata, né possono essere considerati un sostituto del lavoro che invece si fa su se stessi attraverso un percorso psicologico.

 

Dallo psicologo non va chi ha i problemi, ma chi vuole risolverli.

 

Dott.ssa Laura Camastra

lunedì 12 ottobre 2020

IL BENESSERE PSICOLOGICO

 



L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la salute come: “Uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non solo l’assenza di affezioni o malattie”.

Spesso si associa questo concetto solo ad un aspetto organico, fisico, si è in salute se non si hanno malattie. In realtà mente e corpo sono strettamente connesse, quindi bisognerebbe pensare al proprio benessere in un’ottica globale, considerando quindi anche quello mentale, psicologico.

Ma cos’è il benessere psicologico?

La psicologa Carol Riff, ha identificato 6 dimensioni che possono aiutare a rendere l'idea:

  1.    Auto-accettazione: sviluppare un atteggiamento positivo verso sé stessi e verso la propria vita, riconoscere e accettare molteplici aspetti di sé sia che si tratti di punti di forza o di debolezza e in modo da trarne sentimenti positivi;
  2. relazioni positive con gli altri: avere relazioni soddisfacenti basate sulla fiducia, preoccuparsi del benessere degli altri, essere capaci di empatia, affetto e intimità, dare il giusto valore alle relazioni umane;
  3. autonomia: sviluppare una libertà di pensiero, emozionale e d’azione, essere autodeterminati e indipendenti, essere in grado di resistere alle pressioni sociali nel proprio modo di pensare e agire;
  4. padronanza ambientale: avere un senso di padronanza e competenza nella gestione dell’ambiente, sentire di poter affrontare le sfide della vita, essere in grado di scegliere o creare contesti favorevoli alle proprie esigenze e ai propri valori personali;
  5. crescita personale: avere la sensazione di uno sviluppo continuo, vedere sé stessi crescere ed evolvere, essere aperti a nuove esperienze, avere il senso di realizzare il proprio potenziale, vedere il miglioramento di sé stessi e del proprio comportamento nel tempo, avere maggiore consapevolezza di sé ed un senso di maggiore efficacia;
  6. scopo nella vita: porsi degli obiettivi e un senso di direzione, attribuire un significato alla propria vita presente e passata, sviluppare credenze che diano scopo alla vita, avere il senso che quello che stiamo facendo è in linea con i nostri valori.

Il benessere non è necessariamente collegato alla felicità, la comprende per certi versi, ma non significa che se si ha una buona qualità della vita, quindi di benessere, non si hanno problemi o momenti di difficoltà, significa avere consapevolezza delle risorse che si hanno a disposizione per superarle e mantenere il proprio benessere mentale e fisico.

Adesso pensa a te, in questo momento in una scala da 0 a 10, che valore daresti ad ogni dimensione sopra elencata? E se pensi di avere un punteggio basso, cosa potresti fare per migliorare quell’aspetto della tua vita?

Per qualsiasi chiarimento o se hai voglia di un confronto, non esitare a contattarmi!!

Dott.ssa Laura Camastra


lunedì 5 ottobre 2020

QUANDO LE EMOZIONI SONO CONTAGIOSE


 

Ti è mai capitato mentre ascoltavi una persona raccontarti di una situazione triste che stava vivendo e tu ti sei sentito triste come lui? O magari al contrario hai ascoltato un vissuto felice e questa gioia l’hai sentita anche dentro di te?

Questo succede perché le emozioni sono “contagiose”, è sufficiente vedere qualcuno esprimere un’emozione affinché ci si contagi dello stesso stato d’animo. In genere si è tutti predisposti a questo "contagio", ma ci sono persone maggiormente propense a trasmettere le proprie emozioni e chi lo è ad assorbirle.

Il contagio emotivo va  però distinto dall’empatia. L’empatia è quella capacità che ti permette di mettersi nei panni dell’altro, quindi di essere vicino all’altra persona cercando di comprendere le sue emozioni, queste, però, restano le sue. Il contagio emotivo invece, non sempre è positivo, soprattutto se le emozioni, i pensieri negativi degli altri influenzano i tuoi senza rendertene conto.

Questo contagio emotivo avviene anche a livello di gruppo ad esempio in gruppi di simili, alcuni studi dicono che sarà la persona più espressivamente emotiva a contagiare gli altri, invece se si tratta di un contesto lavorativo o scolastico, nei quali si verificano differenze di ruolo, di potere, sarà la persona più forte a definire lo stato emotivo degli altri.

Come si fa allora a comprendere le emozioni altrui, ad empatizzare con gli altri senza farsi sequestrare dal loro vissuto?

Parti sempre dalla consapevolezza di te stesso, quindi quando ti senti come rapito dalle emozioni degli altri, chiediti cosa è tuo e cosa invece è dell’altra persona. Quando sei centrato e hai bene a mente quello che è tuo e quello che invece l’altro riversa su di te, allora puoi lasciar andare facilmente ciò che non è tuo. Spesso è difficile lasciar andare le proprie emozioni, figuriamoci se si prendesse carico anche di quelle di tutte le persone che incontriamo e con cui interagiamo durante la giornata!

Ecco perché, a prescindere dalla propria predisposizione al “contagio” bisognerebbe cercare di circondarsi di persone positive, che sanno lasciare andare le proprie emozioni e vedere comunque il lato positivo delle cose, in questo caso il contagio emotivo potrebbe essere positivo! Ma se si interagisce con persone tendenzialmente cupe, “negative” o che purtroppo vivono un periodo triste e difficile, bisogna imparare a distinguere le emozioni altrui dalle proprie in modo da lasciarle andare più facilmente.

 

Dott.ssa Laura Camastra

LA LEGGEREZZA NEL GIOCO: DAI SPAZIO ALLA TUA PARTE BAMBINA

  Dentro ogni persona c’è una parte bambina. Anche tu sei stato bambino e dentro di te questa parte esiste ancora. Penso alla parte “bam...