lunedì 27 marzo 2017

GLI ADOLESCENTI E LO SPORT AD ALTI LIVELLI: OPPORTUNITA’ vs RISCHI

L’adolescenza ha da sempre destato notevole interesse nell’ambito della psicologia, essendo quella fase di transizione, di passaggio dallo stato infantile a quello adulto.
In questo periodo ricco di cambiamenti sia fisici che emotivi, un ambito di intervento per creare sane abitudini di vita, risulta l’attività sportiva.
Il numero di ragazzi e ragazze che praticano attività sportive extrascolastiche è molto elevato, quindi importante è il ruolo dell’educazione fisica scolastica e dell’associazionismo sportivo.
Oggi, infatti, desta preoccupazione il numero sempre maggiore di giovani che gareggiano in sport a livello nazionale ed internazionale. Il loro coinvolgimento in allenamenti sistematici e la specializzazione in uno sport in un età relativamente giovane, può influenzare lo sviluppo sociale e psicologico dell’individuo. In questo contesto, infatti,  rilevante importanza ottiene l’ambiente sportivo in cui il giovane atleta va ad inserirsi, quindi la società sportiva a cui appartiene.
Nonostante il riconoscimento dei benefici fisici e psichici che conseguono il coinvolgimento in un’attività sportiva, il numero di atleti adolescenti che si ritira dallo sport è in notevole aumento. In America, ad esempio, a fronte dei 35 milioni di bambini che partecipano ad attività sportive a  scuola o in società private, circa il 35% ogni anno si ritira da esse.
Il fenomeno del dropout (l’abbandono sportivo) è, per queste ragioni,  un’area di interesse nella psicologia dello sport.
Ci sono numerose evidenze a supporto dell’influenza che gli altri e dei patterns di allenamento esercitano sull’atleta, come riportato dal modello di sviluppo della partecipazione sportiva (Côté e all., 2003).
Il selezionamento e la diversificazione precoce sembrano favorire l’acquisizione delle abilità per un coinvolgimento che perduri in differenti attività sportive, per un divertimento prolungato e varie opportunità sociali (Côté & Hay, 2002; Kirk, 2005).
Al contrario sono state riscontrate numerose conseguenze negative associate alla specializzazione precoce, compresi infortuni, ansia da prestazione, pressione dell’allenatore e dei parenti, isolamento, restrizione dell’identità e burnout (Hecimovich, 2004; Wiersma, 2000).
Il ruolo dell’allenatore rappresenta l’area maggiormente esplorata nella ricerca sui giovani atleti, focalizzandosi in particolare sulla relaziona tra il comportamento del coach e la motivazione e il divertimento degli sportivi (Smoll e Smith, 2002). Ad esempio gli stessi autori hanno dimostrato come un allenatore formato per incrementare il livello tecnico, rafforzare e favorire comportamenti per far fronte agli errori, crei un clima di maggiore divertimento, di unione tra gli atleti, comportando,quindi, minore dropout rispetto ad allenatori inesperti.



BIBLIOGRAFIA

Hecimovich, M. (2004). Sport specialization in youth: A literature review. Journal of the American Chiropratic Association, 41(4), 32-41.

Smoll, F. L., & Smith, R. E. (2002). Coaching behavior research and intervention in youth sports. In F. L. Smoll, & R. E. Smith (Eds.), Children and youth sport: A biopsychological perspective (2nd ed., pp. 211-233). Dubuque, IW: Kendall-Hunt.

Jessica Fraser-Thomas, Jean Côté , Janice Deakin, (2008). Understanding dropout and prolonged engagement in adolescent competitive sport. Psychology of Sport and Exercise 9 (2008) 645–662.


sabato 25 marzo 2017

LA BIOENERGETICA E LO SPORT: UN APPROCCIO AL CORPO PER CHI “LAVORA” CON ESSO


Con la Teoria Bioenergetica di Lowen (1958), si cerca di capire la personalità umana anche attraverso lo studio del corpo. Essa è, infatti,  lo studio della personalità dal punto di vista dei processi energetici del corpo. La quantità di energia che un individuo impiega e il modo in cui lo fa, determina la sua personalità e si riflette in essa.
La bioenergetica si basa sul fatto che ogni persona  è il proprio corpo; da un punto di vista energetico tutto il corpo può essere inteso come un’unica cellula, la cui membrana è la pelle. I processi energetici, cioè la produzione di energia attraverso la respirazione e il metabolismo e la scarica di energia del movimento, sono le funzioni basilari della vita.
Le situazioni della vita si affrontano in base all’energia che si ha a disposizione e dalla possibilità di tradurla liberamente nel movimento e nell’espressione.
Partendo dagli insegnamenti del suo maestro Reich, lavorando su se stesso, Lowen formula le posizioni e gli esercizi di base che oggi si usano in bioenergetica. Sviluppa l’esercizio del grounding sentendo la necessità di un lavoro più radicale sulle gambe: il radicamento, infatti, permette di sperimentare un contatto più profondo col suolo, concetto che riporta più profondamente ad essere più vicini alle proprie radici. Le radici sono, quindi, sia quelle corporee individuali nelle gambe e nei piedi, sia quelle psichiche che rimandano al proprio equilibrio interiore; affondare le radici a terra nel qui ed ora.
Queste tecniche possono essere applicate in ambito sportivo, dovendo gli atleti “usare” il proprio corpo per sviluppare delle abilità e raggiungere degli obiettivi.
Salvi, Orsini e Carzedda (1985) hanno applicato l’analisi bioenergetica nello studio di emozioni come la paura nella pratica sportiva: la paura del fallimento, del giudizio, di sbagliare, in relazione alle esperienze psicosomatiche conseguenti.
Polani (1987) ha studiato la relazione tra l’immagine corporea e l’ansia nei tuffatori, riscontrando miglioramenti significativi utilizzando tecniche bioenergetiche.
Lo schema corporeo si riferisce all’immagine che abbiamo di noi stessi, del nostro corpo, nello spazio e nel tempo.
Nel processo di consapevolezza di noi stessi, bisognerebbe partire proprio dai piedi, la parte del corpo a cui non prestiamo sempre molta attenzione. In realtà è proprio da lì che parte il nostro equilibrio. Esso è un fenomeno dinamico che richiede la capacità di mantenere la posizione voluta e di ritrovarla anche quando è stata modificata, abilità fondamentale in tutte le attività motorie.
Partendo dal grounding, dal radicamento, si impara a sentire l’equilibrio, quanto le radici siano profonde, imparando a “starci”.
La bioenergetica può essere, quindi, un modo per approcciarsi, per conoscere il proprio corpo e lavorare su esso e imparare a utilizzare al massimo le energie che esso può trasmettere, sfruttandole al meglio per le abilità sportive, quindi per la prestazione.












RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Alexander Lowen, (1975), Bioenergetics, Coward, McCann & Geoghegan, New York. Traduzione in italiano di Lucia Cornalba e supervisione di Luigi De Marchi Feltrinelli, Milano 1983-2004.

Luca Napoli, Beatrice Gori, (2012). Dare corpo all’anima. Un percorso di consapevolezza, benessere e crescita psico-corporea in Psicoterapia Umanistica e Bioenergetica. Dal Training Autogeno alle Fantasie Guidate.

Il linguaggio del corpo, Feltrinelli, Milano 1978-1997,  traduzione di Paolo di Sarcina e Maura Pizzorno da Physical dynamics of character structure (The language of the body), MacMillan, New York 1958.

Davide Viola, (2014). Piedi come radici, mente come cielo. Manuale moderno di analisi bioenergetica.


martedì 14 marzo 2017




Per info
Dott.ssa Laura Camastra Psicologa
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