Nello sport un aspetto fondamentale è il
conseguimento dell’obiettivo individuale e/o di squadra, il quale in genere
coincide con la vittoria. In particolare, negli sport ad alto livello,
l’allenatore e la società stabiliscono dei traguardi stagionali da raggiungere;
quindi riuscire a far esprimere sempre al meglio l’atleta è per l’allenatore
uno dei compiti primari.
In base a questi obiettivi prefissati o alle proprie
caratteristiche personali, l’allenatore può favorire e accrescere nei propri
atleti una motivazione sul compito piuttosto che sul risultato.
Ames (1992; Ames e Ames, 1981) parlava di “clima
motivazionale percepito”, riferendosi alla percezione che il soggetto ha di un
certo ambiente prestativo. Nell’ambiente sportivo l’orientamento assunto
dall’allenatore (l’importanza che egli attribuisce alla competenza o alla
prestazione), emerge già dal modo in cui organizza il lavoro, valuta la
prestazione, attribuisce riconoscimenti influenzando, la percezione del clima
motivazionale dell’atleta.
In un ambiente orientato sul compito l’attenzione è
posta sullo sviluppo delle competenze, sul valore di ciascun atleta, sul suo
impegno, sottolineando i suoi progressi. Al contrario, invece, in un ambiente
orientato sull’io al centro dell’attenzione c’è la competizione, quindi
l’allenatore rimprovera per gli errori, per una prestazione scadente, può capitare
dia maggiori attenzioni agli atleti migliori, stimolando anche competizione nel
gruppo.
Quest’ultimo clima può portare a vivere una sconfitta in modo più
negativo di quanto sia.
Il fallimento è di per sé difficile da accettare e
gestire, può essere demoralizzante, rappresentare un’esperienza dolorosa. Esso
infatti può influenzare negativamente la percezione di sé, delle proprie
abilità, può comportare un vissuto di ansia e paura in relazione alla
prestazione. L’errore è ovviamente associato al fallimento della prestazione,
quindi alla paura di commettere nuovamente quell’errore. Essendo un aspetto
molto importante in un ambiente prestativo come quello sportivo, sarebbe utile
imparare a gestire le emozioni che ne derivano.
Durante l’azione sportiva o il singolo gesto, si può
commettere ad esempio un errore e per evitare che l’atleta rimanga
“sequestrato” emotivamente, deve utilizzare delle strategie per poter spostare
la sua attenzione sugli aspetti funzionali che ne derivano, come evitare di
commetterlo nuovamente. Come si suol dire “sbagliando si impara” e se si resta
focalizzati sull’errore, o ci si lascia “demolire” dal fallimento, è più
probabile si possa sbagliare e fallire ancora.
Un aspetto utile potrebbe essere quello di valutare
quali sono gli aspetti della situazione sportiva che sono sotto il controllo
dell’atleta, quindi prepararsi nel poter gestire gli aspetti che possono essere
controllati e lavorare invece, preparandosi sull’imprevedibilità del gioco
stesso, in modo da non farsi prendere troppo dall’emozione che si vive in quel
momento, ma anzi quell’emozione può essere un aspetto su cui lavorare successivamente
per evitare di demoralizzarsi e perdere la motivazione.
Una possibile strategia per l’allenatore e, di
conseguenza anche per l’atleta, potrebbe essere quella di stabilire degli
obiettivi a breve termine, quindi dividere l’obiettivo stagionale, finale, in
più parti in modo da renderlo raggiungibile e da evitare di creare situazioni
che possano distorcere la percezione delle proprie abilità e demoralizzare
l’atleta.
Dott.ssa Laura Camastra
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