martedì 1 maggio 2018

PREVENIRE LO STRESS DELL’ATLETA: IL RUOLO DELL’ALLENATORE



Lo stress è una risposta del corpo ad ogni richiesta dell’ambiente (Selye, 1956).
Si parla di stress negativo se la sollecitazione dell’ambiente supera la capacità di risposta o risulta troppo povera. Il burn-out è l’esito patologico di un processo stressogeno. Nello sport i sintomi sono: esaurimento emotivo e fisico dell’atleta, sensazione di isolamento, scarsa fiducia, difficoltà di concentrazione durante la prestazione, percezione di mancanza di miglioramento nella propria carriera, sensazione riguardante la svalutazione del proprio contributo nella squadra da parte dell’allenatore, giocatori e società.
Inevitabilmente il vissuto dell’atleta è correlato alla sua motivazione, al senso di efficacia e alla percezione che ha di sé stesso. In questo risulta importante la figura dell’allenatore che influenza l’atleta rispetto al suo vissuto. Ma cosa dovrebbe fare in concreto l'allenatore per permettere al suo atleta di esprimersi al meglio? Dovrebbe individuare quali sono le motivazioni individuali di ciascun atleta, tenere conto dei suoi bisogni e cercare di costruire la prestazione atletica in base alle caratteristiche di chi si trova di fronte. Il cosiddetto «clima motivazionale percepito» dall’atleta si riferisce alla percezione che il soggetto ha di un certo ambiente prestativo e riguarda l’orientamento motivazionale dell’allenatore. Se è orientato sul compito, l’attenzione è sullo sviluppo delle competenze, sul valore di ciascun atleta, sottolineando i suoi progressi, enfatizzando la collaborazione con gli altri. L’orientamento sull’io pone l’attenzione sulla competizione, quindi l’allenatore rimprovera per gli errori, per una prestazione scadente. In quest’ultimo caso l’atleta potrà vivere con maggiore stress l’attività sportiva, poiché orientata solo al successo, al risultato. Soprattutto nei bambini il clima creato dagli adulti significativi è l’aspetto che più influenza la motivazione e l’orientamento personale.
Come dovrebbe essere un buon allenatore? Da uno studio di Gould e colleghi (1996) condotto su giovani tennisti sono stati tirati fuori dei consigli che gli atleti stessi hanno scritto per gli allenatori. E’ venuto fuori che l’allenatore dovrebbe coltivare il coinvolgimento personale col giocatore, avere una comunicazione a due con l’atleta, utilizzare gli input del giocatore, comprendere le sensazioni dell’atleta. Questo sottolinea come l’atleta ha bisogno e desidera un coach al quale affidarsi e sentirsi sostenuto e riconosciuto, aspetti fondamentali per cercare di prevenire lo stress che può derivare dal praticare un’attività sportiva.

 Dott.ssa Laura Camastra


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:
Bellani, M.L & Orrù, W. (2002). La sindrome del burnout. In: Bellani, M.L, Morasso.
M. Fulcheri, A. Lo Iacono, F. Novara, (2008).  Benessere psicologico e mondo del lavoro. Torino: Centro Scientifico Editore.
M. Fulcheri, (2005). Le attuali frontiere della psicologia clinica. Torino: Centro Scientifico Editore.
Claudio Mantovani (a cura di). Insegnare per allenare. Metodologia dell'insegnamento, (2017). Edizioni Scuola dello Sport.







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